Secondo capitolo della nuova serie di tre appuntamenti dedicata alla scelta del microfono giusto. Vi guideremo attraverso tipologie e modelli e faremo una disamina critica in base all'applicazione mantenendo il solito taglio semplice e pratico. In questa seconda puntata ci trasferiamo sul palcoscenico!
Nel capitolo precedente abbiamo visto come scegliere un microfono - o più microfoni - per applicazioni in studio di registrazione o broadcast, ambienti spesso adibiti per il solo scopo della registrazione e quindi più adatti all'impiego di svariate tipologie di microfono.
In questo episodio ci concentreremo invece sulle scelte da operare in ambiente live, ossia alle ripresa di strumenti acustici (elettrici o tradizionali) in un palcoscenico.
Che sia un grande palco di 100 metri quadri o un palchetto 4x3 mt - seppur con le dovute differenze - di certo avremo a che fare con alcune situazioni ed alcune problematiche che rimangono sostanzialmente le stesse. Una serie di “limitazioni” che spesso non abbiamo per contro negli studi di registrazione.
Il palco un ambiente “non” ideale:
Se nell'articolo precedente abbiamo appurato come lo studio sia per molti aspetti un ambiente adatto - e
progettato - per fare riprese microfoniche in condizioni ideali, la stessa cosa non può essere certo detta per l’ambiente live.
La prima evidenza che il palcoscenico non è quasi mai un luogo ideale ed, altrettanto spesso, trattasi di un ambiente all'aperto o comunque differente da una stanza con temperatura ed umidità controllate come invece dovrebbe essere uno studio di registrazione ben fatto.
Come seconda caratteristica c’è che su di un palco, soprattutto in quelli più piccoli - tipiche situazioni da pub o club - la band e i musicisti suonano ravvicinati e la pressione sonora degli strumenti acustici può facilmente
“rientrare” nei microfoni posti nelle vicinanze, creando quel tipico effetto del
leakage o dispersione.
Che cos’è il leakege? Un esempio pratico vi farà capire immediatamente il concetto: avete presente il suono del rullante che arriva dritto dentro nel microfono del cantante senza volerlo? Sono sicuro che molti di voi si sono dovuti rapportare con questo annoso problema, bene questo è il leakage, un effetto che in certi casi può anche essere sfruttato a proprio vantaggio, un caso tipico in cui spesso si permette all’intero kit di batteria di rientrare nei microfoni posti sopra il kit, gli Over Head
Qualche regola sempre valida…
Nella ripresa degli strumenti su di un palcoscenico esiste sempre e comunque una regola, fatta forse esclusione per i grandi palchi dove i musicisti suonano con gli In-ear monitor (cuffie) e vigono delle “leggi” un po’ differenti: bisogna trovare un buon balance di base già con gli strumenti in acustico. Significa che partendo dal suono della batteria, e più precisamente dal rullante, dovremo cercare di equilibrare il suono degli amplificatori del basso, delle chitarre ed eventuali altre sorgenti acustiche o elettrificate in modo che, ad un primo ascolto, il mix sia già abbastanza equilibrato.
Fatto questo possiamo pensare alla fase successiva, decidere cosa amplificare e come. Ed ecco che entrano in scena i microfoni e qui, un po’ di teoria, è necessaria.
Diagramma polare, è qui che si gioca gran parte della sfida...
Ancora più che in studio, dal vivo, la scelta del diagramma polare del microfono è quanto mai importante. Sappiamo - per quelli che hanno studiato - che esistono diversi diagrammi polari, più o meno stretti, partendo dall'omnidirezionale (che capta la pressione sonora a 360°) fino all'ipercardiode, con tutte le varianti intermedie, ossia il cardioide ed il supercardiode. Esistono poi gli Shot Gun, il famoso “fucile”, che ha una direttività ancora maggiore ma che ha applicazioni abbastanza particolari e non è così necessario nel contesto analizzato.
Ragionando sulla base di ciò che abbiamo detto fino ad ora si potrebbe essere portati a pensare che la soluzione migliore sia sempre usare dei microfono molto selettivi, così da non andare a riprendere altre fonti indesiderate nelle circostanze, evitando di “sporcare” il suono che con rientri indesiderate.
Beh, non funziona proprio così. E’ pur vero che quando vogliamo isolare il più possibile un suono ricorriamo ad un mic selettivo (con diagramma super o ipercardionde) ma questo risultato è sempre a scapito di compromessi.
Microfoni con diagrammi molto stretti infatti, tendono spesso a perdere molta della componente del suono stesso di uno strumento, proprio perché in grado di catturare solo una parte delle onde sonore prodotte dallo strumento che, come sappiamo, si propagano nell’aria come onde sferiche ad una certa frequenza. Inoltre questi microfoni, per stringere il diagramma frontalmente, creano spesso un altro piccolo lobo di ripresa opposto a 180° rispetto alla capsula, che significa che in una certa percentuale riprendono anche i suoni provenienti dalla zona opposta alla capsula.
Questo può generare non pochi disagi soprattutto se sul palco ci sono dei monitor di ascolto che vengono generalmente posti proprio davanti al musicsita. L’immagine allegata potrà chiarire il concetto più di tante parole.
Condensatori, dinamici, delicatezza e cura!
Abbiamo anche appreso che i microfoni differiscono tra di loro a seconda della tecnologia impiegata, condensatori, dinamici e a nastro. Se non avete letto il primo articolo fatelo adesso qui.
Una dei moniti che molto spesso sentiamo in questo ambito è proprio legato alla presunta maggior delicatezza
dei microfoni a condensatori rispetto ai dinamici.
Livello di allerta ancora più alto se si parla di microfoni a nastro, tanto belli e lineari quanto delicati. La risposta è “ni”, nel senso che è innegabile che un microfono a condensatore sia strutturalmente più delicato (ed uno a nastro ancora di più), ma è anche vero che ad oggi molti produttori hanno in catalogo strumenti robusti ed affidabili.
Più che la delicatezza in sé quindi, il suggerimento è di prestare molta cura alla manutenzione dei microfoni stessi, a prescindere dalla tipologia. Nemici acerrimi delle delicate membrane dei microfoni sono l’acqua, l’umidità e la polvere quindi un uso accorto dei nostri strumenti sul palcoscenico può allungare non poco la vita degli stessi. Anche in questo caso ecco qualche piccolo “tricks” salva vita:
- non lasciare mai il microfono sull’asta più del necessario. In fase di smontaggio i microfoni sono i primi a dover essere riposti per evitare anche che qualche malintenzionato ci arrivi prima di noi…
- Usare una spugnetta anti pop per i microfoni a contatto con i cantanti. Una spugnetta pur non alterando il suono può essere un alleato prezioso…
- acquistare un bel case di qualità minuto sottofondo dove inserire le pinze e le claps e se possibile minuto di chiave
- Questi piccoli accorgimenti vi eviteranno forse di danneggiare i vostri microfoni. Peraltro la resa sonora di un microfono in buono stato di salute rispetto a quella di uno “malandato”, si sente eccome, ascoltare per credere!
Ma quanti e quali microfoni mi servono?
Se in studio paradossalmente potremmo soddisfare le nostre esigenze con uno o due microfoni (per una ripresa stereo), appare evidente che dal vivo, per riprendere una rock band classica formata da 4 o 5 elementi dovremmo mettere in conto qualche microfono in più.
Un paio di dinamici per le voci, un kit di batteria formato da almeno un mic per gran cassa, un dinamico “tosto” per rullante e due overhead (molto spesso due condensatori) e, all'occorrenza, qualche altra alternativa per cabinet di chitarra e tom della batteria, tendenzialmente sempre dinamici. Insomma, anche in questo caso se “dovessimo dare i numeri”, dovremmo consigliare un minimo di almeno 5 microfoni.
Peraltro nel contesto del live vengono presi molto spesso in considerazione i sistemi wireless (ne abbiamo già parlato in un articolo passato) che sono completamente inutili in studio di registrazione.
Mentre se siete chitarristi ed avete una cura maniacale del vostro suono, la ripresa del vostro amplificatore con un dinamico a nastro, abbinato ad un dinamico vi potrà dare enormi soddisfazioni...
Pronti per la scelta?
Il mercato è veramente pieno di marche e modelli e il range di prezzo, anche in questo caso, può andare da poche decine di euro fino a migliaia di euro, per alcuni microfoni vintage rari ed esoterici.
A questo punto però ci sentiamo in dovere di fare un'approssimazione, proprio in vista delle scelte che andremo a
fare, evitando di farvi gettare soldi per prodotti non sempre così utili.
A ben vedere infatti, in un contesto dal vivo, la differenza tra un buon microfono a condensatore e un microfono hi-end da migliaia di dollari non è così evidente come in studio. Il senso è che, alla fine della fiera, un buon
condensatore da 400 o 500 euro può fare già un egregio lavoro, visto e considerato che sarebbe opportuno lasciare a godersi il caldo dello studio microfoni da 4000 o 5000 euro e lontano dagli sguardi di qualche malintenzionato…
Un piccolo esempio? Questa coppia della Lewitt con capsula stretta costa intorno ai 200 euro e può essere perfetta per Over head e riprese stereo in genere...
Vi invitiamo sempre a valutare bene marchi e prodotti dato che, come abbiamo già specificato nell'articolo precedente, la ricerca di brand ed alternative magari meno “famose” può riservare sorprese inaspettate. Lasciate quindi che i “fanatici del marchio” facciano le loro di scelte e non fatevi condizionare più di tanto in questo senso, am scegliete piuttosto in base a ciò che vi occorre realmente.
Abbiamo messo un po’ di carne al fuoco e come è ormai nostra prassi andiamo ad elencare in maniera semplice e pragmatica quelli che sono i criteri di scelta che in questo caso non riguarderanno un solo microfono, ma piuttosto un set “ideale”.
- almeno una coppia di condensatori (verificando che siano piuttosto
resistenti ai transienti)
- un kit basico di microfoni per la batteria, può fare grande differenza...
- almeno due microfoni dinamici, sotto le 100 euro andranno benissimo!
Una volta arrangiato questo setup base può essere una buona idea inserire anche uno o due microfoni wireless, così da avere una alternativa per i cantanti che amano scorrazzare sul palco.
Anche in questo senso bisogna valutare bene il rapporto qualità prezzo perché, come abbiamo già detto in un
articolo passato, molti dei sistemi in commercio non differiscono poi così tanto sotto a brand ed etichette…
Questa volta vi abbiamo fatto spendere forse qualche euro in più, ma se veramente volete ottenere dei risultati degni nelle vostre esibizioni è tutto sommato uno sforzo che vale la pena compiere, magari utilizzando i primi soldi guadagnati dalle band, come si faceva una volta, sempre che oggi paghino ancora le band per le esibizioni dal vivo! Ma questo è ahinoi un altro discorso…
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