Individuare i diversi tipi di pedali distorsori e overdrive analogici può
sembrare difficile, ma in realtà è possibile semplificare le cose suddividendoli
in poche grandi famiglie a seconda dei tipi di circuito.
Prima di andare oltre, diamo per scontato che chi legge conosca già le differenze
tra i vari effetti a pedale per chitarristi e bassisti,
e abbia letto gli articoli del blog Soundsation
su: organizzazione della catena effetti, grandezze elettriche coinvolte, tipi di buffer e bypass e interazione tra pedali e amplificatori.
Ci occupiamo qui, in modo succinto e
comprensibile a tutti, delle diverse famiglie di effetti a pedale (anche detti stompbox)
dedicati alla distorsione, dando
un’indicazione di massima su quale tipologia sia più adatta alle nostre
esigenze.
Nell’articolo punteremo quindi l’attenzione
su effetti a pedale dinamici quali overdrive e distorsori, tutti progettati per squadrare l’onda!
Le
grandi famiglie di pedali di distorsione
Per meglio conoscere gli effetti di distorsione,
possiamo suddividerli in tre grandi famiglie:
- a
transistor
- a
circuito integrato
- a
valvole
Premessa
Prima di
procedere, vale la pena di dire che gli effetti atti a produrre distorsione
fanno tutti la stessa cosa: squadrano
l’onda del segnale elettrico proveniente dalla chitarra elettrica a essi collegata (clipping).
I vari nomi
attribuiti nel tempo a questi pedali hanno motivazioni
commerciali, volte a suggerire un effetto sonoro desiderabile, a proporre
una suggestione sensoriale o un collegamento con artisti famosi o generi
musicali in voga o prodotti storici, a identificarli in maniera univoca nel
sempre più affollato panorama della proposta commerciale.
Ciò detto,
la loro funzione è di amplificare il segnale elettrico fino a ottenere quella squadratura
che noi chitarristi percepiamo come gradita distorsione. Ogni tipo e modello di
pedale ottiene questo comportamento in maniera leggermente diversa, con arricchimenti
circuitali, soprattutto nella rete dei toni, che danno una certa personalità
timbrica.
I più delle
volte noi ci riferiremo genericamente ad essi come distorsori.
Distorsori a transistor
Tra di
distorsori a transistor figurano i fuzz,
in cui il guadagno necessario ad amplificare fino al clipping il segnale in
ingresso è ottenuto con due, tre o quattro transistor
ed eventuali diodi. Inizialmente
erano usati i transistor al germanio,
in seguito sostituiti con quelli al silicio,
più economici e stabili nel comportamento elettrico e termico.
All’avvento
dei primi circuiti integrati di amplificatori
operazionali (op-amp), questi furono applicati nella progettazione dei
fuzz, cercando di restare nella dimensione timbrica che quel termine implicava.
Esistono quindi fuzz e simili al germanio o al silicio, con
transistor oppure con op-amp, con e senza diodi. Non ci sono regole fisse, ma,
per alcuni puristi, per dirsi veri fuzz
dovrebbero far uso di transistor ed evitare i diodi. Approfondiremo l’argomento
in uno specifico articolo. Che cosa possiamo aspettarci da ciascuno, a parte il
comune progressivo ripulirsi del suono man mano che si chiude il gain?
Fuzz al germanio: distorsione più rapida, suono
massiccio, sgranato o confuso sui bassi, non aspro sugli acuti, a volte
difficile da controllare e variabile secondo alimentazione e temperatura (nei
modelli d’epoca). Ricordiamoci che, se non si suona in power trio, la potenza di certe frequenze non è sempre così
apprezzabile nel mix dal vivo. Esempi: primi Arbiter Fuzz Face dal 1966.
Fuzz al silicio: suono più compatto e presente sulle
medio-alte, bassi più controllati, suoni distorti flautati (nei migliori
modelli), efficace nel mix dal vivo. L’esempio più comune è quello dei (Dallas)
Arbiter Fuzz Face dopo il 1968. Ci sarebbero anche gli Electro-Harmonix Big Muff dal ’69 a oggi; tuttavia, poiché
il circuito base utilizza anche diodi per il clipping, i puristi non li
considerano veri fuzz. Stesso discorso per le versioni del Big Muff che usano
un op-amp in luogo dei transistor.
Perché scegliere un fuzz
La distorsione
dei fuzz è estrema (ma non adatta al
metal) e ha fortissimi colori vintage.
Nel tempo ha alternato momenti di gloria e di abbandono, ma oggi è di nuovo
sulla cresta dell’onda, spesso usata in modo alternativo dalle nuove
generazioni di chitarristi. Aggressiva, iconoclasta, ma anche raffinata e
lirica nelle mani del solista ispirato. Necessaria per riprodurre suoni storici
del rock, perfetta con una Strat style e un ampli di scuola British, ottima con il bottleneck. Avere un fuzz nell’arsenale è
doveroso per ogni chitarrista rock, anche se non è il suo distorsore
principale. Considerato il disegno circuitale che “dialoga” con il pickup, è
molto importante che il fuzz (come il wah) si trovi al primo posto nella pedaliera, attaccato direttamente al cavo della chitarra, oppure che nel mezzo
ci siano solo pedali hard bypass.
Distorsori a transistor (non fuzz)
I transistor
sono usati in diversi pedali distorsori che non sono fuzz e spesso hanno nomi
che contengono termini come drive o blues che possono fuorviare.
L’intento è quello di creare una catena di stadi
di guadagno in cascata; l’effetto sonoro è aggressivo e definito allo
stesso tempo; la distorsione resta “attaccata” alla nota consentendo un attacco
netto ed esecuzioni veloci e pulite in plettrata alternata. Esempi: Boss BD-2 del 1995, primissimi Boss DS-1 fine Anni ’70 (in seguito con op-amp)
e in genere alcuni distorsori che promettono di simulare il suono di un British amp.
Distorsori a circuito integrato
In questi
effetti di distorsione, invece di usare più transistor discreti, si usano circuiti integrati. Mi riferirò ai
circuiti integrati (IC) con il diffuso termine op-amp (operational amplifier
o amplificatore operazionale).
I fuzz basati
su un op-amp non sono molto frequenti e hanno un suono rock molto duro con più gain rispetto a quelli a
transistor, molto aggressivo, tendente all’asprezza sulle medio-alte. Tuttavia
hanno fatto la fortuna di alcune rock band come gli Smashing Pumpkins. Esempio:
Electro-Harmonix Op-Amp Big Muff Pi.
Accennato ai
fuzz, i distorsori con op-amp possono essere sostanzialmente di due tipi: soft-clipping e hard-clipping.
Soft-clipping op-amp
Una delle
categorie più note e diffuse di distorsori soft-clipping è quella dei vari tube e dei vari screamer, basati su circuiti
con op-amp e diodi. Il primo esempio di questo genere fu il Boss OD-1 del 1977, che usava il quadruplo
op-amp 3403. Il secondo, ancor più noto e imitato, è l’Ibanez TS808 del 1979, che usava il doppio op-amp 4558, su cui si è generata una
certa mitologia. Fabbricato dalla Japan Radio Company (JRC) per i Tube Screamer vintage, in seguito fu
sostituito da chip analoghi di altri costruttori, e usato in una infinità di
circuiti di preamplificazione, dagli effetti più vari agli amplificatori solid
state di ogni livello. In entrambi i casi il cuore del suono – caldo, compresso,
enfatizzato sulle medie e tutt’altro
che “trasparente” – è però nei brillanti progetti più che nella economica
componentistica. Passaggi successivi di compressione,
clipping moderato, de-enfasi dei bassi ed enfasi dei medi sono volti a
simulare, per quanto possibile, un amplificatore valvolare in saturazione e a uscire facilmente nel mix.
Sul fronte
di un suono, sempre soft-clipping, ma più diretto, molto meno manipolato
nell’EQ e decisamente più trasparente, ci sono pedali come il Marshall Blues Breaker del 1991 e i suoi derivati.
Hard-clipping op-amp
In questa
categoria rientrano i pedali distorsori in cui diodi e op-amp – singoli o doppi
e non di particolare fama – sono utilizzati per squadrare grosso modo tutto il
segnale della chitarra in ingresso senza tanti fronzoli. Producono in effetti
il tipico rock sound degli Anni ’70 e a volte sono al
limite della sonorità fuzz. Esempi classici: MXR Distortion+, DOD Overdrive
Preamp/250 e ProCo Rat, tutti del
1979.
Tra i più
noti e ricercati in questo genere di distorsori, c’è l’outsider Klon Centaur di Bill Finnegan, uscito nel
1994. Questo pedale ha le sue principali caratteristiche tecniche nell’alimentazione diversificata per le
sezioni del circuito e nel doppio potenziometro del gain, che mantiene una
certa quota di segnale clean nella
distorsione, caratteristica da cui derivano una dinamica e una nitidezza
in distorsione fuori dal comune. I diodi sono al germanio, ma va considerato
che non entrano in gioco se non dopo la metà corsa del controllo di gain, al di
sotto della quale il comportamento è da clean
booster.
Tipi
particolari di distorsori basati su un circuito integrato C-MOS (doppio MOS-FET) sono l’Electro-Harmonix Hot Tubes del 1978 e il Way Huge Red Llama degli Anni ‘90, che simulano un amplificatore valvolare
come in una sorta di modeling analogico. Il suono varia da boost a quasi-fuzz ed è molto
reattivo al tocco.
Perché scegliere un distorsore con
op-amp
Praticamente
c’è un distorsore di questo tipo per ogni esigenza stilistica e per ogni
chitarrista.
Chi ama suoni levigati e rotondi, che restino
tali anche a valori alti della corsa della manopola di gain, può scegliere tra
i tanti soft-clipping che affollano il mercato. Esistono gli originali riediti,
i cloni e le interpretazioni. Sono adatti al blues,
alla fusion, al pop, al rock, insomma a tutti in generi, jazz moderno incluso. Sono
usati regolarmente anche nello shred per dare la spinta iniziale alla
distorsione del canale lead dell’amplificatore e favorire il
legato e il tapping. Quasi sempre sono timbricamente tagliati per uscire bene e gradevolmente nel mix.
Chi invece
ama il rock Anni ’70 e le sonorità “dritte e crude”, poco compresse e fedeli
alla chitarra usata, probabilmente favorisce i distorsori hard-clipping. Anche qui ce ne sono varianti per tutti i gusti.
Solitamente sono usati da chitarristi heavy metal, hard rock, rock-blues e
anche fusion quando si punta su un suono aggressivo e tagliente. Poco
indicati per il pop e i generi melodici.
Gli outsider
tipo Hot Tubes e Centaur sono per i chitarristi che cercano sonorità personali e alternative. Nel
caso dell’Hot Tubes e simili, siamo vicini al comportamento dinamico e timbrico
di un vecchio amplificatore a valvole (anche nei difetti). Nel caso del Klon e
di certi suoi ottimi, ehm, cloni ci vuole una buona capacità nell’uso
dei controlli del pedale, della chitarra e dell’ampli. Il suono è neutrale, avaro di regali, molto dinamico. Di base esce quello che
c’è in ingresso al pedale, senza grande aiuto nel modificarne la pasta, quindi
necessita di una buona chitarra e un buon ampli.
Distorsori a valvole
Quella dei distorsori valvolari sembra essere una
categoria con pochi esponenti, ma non sono poi così rari. Nei decenni abbiamo
visto susseguirsi molti modelli, il più noto dei quali è certamente il capostipite
Tube Driver della fine degli Anni ’70, inizialmente progettato dal tecnico
Brent K.Butler per far distorcere la sua tastiera come l’organo Hammond di Jon
Lord dei Deep Purple. Il pedale derivato da quel disegno fu
commercializzato con i marchi Chandler e Tube Works, ed è stato molto imitato.
Altri
distorsori a valvole sono l’Ibanez Tube
King del 1996, il blando overdrive Plush Valve Job della Fuchs e la serie di “pedaloni” dei primi Anni 2000
della Damage Control (oggi Strymon),
che erano al limite delle dimensioni e delle funzioni di veri e propri preamp da pavimento come quelli prodotti da Mesa/Boogie, Soldano o
Brunetti.
Come usare i distorsori a valvole?
I distorsori
a valvole spesso sono molto ingombranti e necessitano di un alimentatore specifico se non di una presa a parete, vista la
presenza di valvole. A volte funzionano anche con i 9 Volt e la necessaria corrente forniti da
un alimentatore esterno, mai da una pila.
Questo va considerato per l’inserimento in pedalboard.
Nei casi
migliori il suono distorto è effettivamente quello di una valvola preamplificatrice in saturazione, ma non è detto che sia
proprio quello che si va cercando: compresso, caldo, smussato sugli acuti,
pensiamo a Eric Johnson o Kenny Wayne Shepherd; bene per bending e legato. In
altri casi, la valvola serve più che altro a donare un po’ di calore in più a un clipping generato da
elementi solid state. Un segnale per capire davanti a quale dei due tipi ci
troviamo è dato dall’alimentazione: se è a 9V difficilmente la valvola avrà
grande influenza sul suono. Da provare prima di decidere: si potrebbe trovare
il distorsore della vita o non volerne proprio più sapere!
Fabrizio Dadò
Riferimenti
Guitar Player
Magazine n.274 - Ottobre 1992 (Miller Freeman Publications)
https://www.effectsdatabase.com