Quando
valvole, transistor e chip coesistono
In questo articolo ci dedichiamo agli amplificatori
per chitarra elettrica basati su disegni “misti” o “ibridi”, in cui vengono
miscelate tecnologie diverse come quella valvolare, quella solid state e quella
digitale in varie misure ma sempre per la stessa finalità: garantire un buon guitar
sound.
Per una panoramica
sui primi passi e sullo sviluppo delle chitarre elettriche e dei loro amplificatori
nel XX secolo, dai un’occhiata a quanto abbiamo già scritto negli articoli
sugli amplificatori a valvole, sugli amplificatori solid state e sugli amplificatori digitali.
Gli
amplificatori possono sostanzialmente essere di quattro tipi:
- a valvole o valvolari (tube
o valve amp)
- a stato solido
(solid state)
- digitali (digital o modelling amp)
- ibridi (hybrid amp)
In questo articolo ci
occupiamo in modo succinto e comprensibile di amplificatori per chitarra
elettrica ibridi, basati su:
- circuiti
misti solid state/valvole
- circuiti
misti digitale/solid state
- circuiti
misti digitale/valvole.
Amplificatori con circuito solid state + valvole
Una volta resa
disponibile l’amplificazione solid state (vedi il nostro articolo sul blog di Soundsation), comparvero ben presto sul mercato per chitarristi e bassisti amplificatori basati su circuiti misti, in cui valvole,
transistor e/o circuiti integrati (IC, chip), venivano variamente utilizzati in
unico disegno. Lo scopo è da sempre quello di ottenere sonorità con le caratteristiche
dinamiche e tonali tipiche del valvolare contenendo costi, consumi e peso.
Tra i primi amplificatori
professionali significativi, anche per la discreta diffusione commerciale, vanno
citati i Peavey Deuce e il pesante Mace della fine degli Anni ‘70, e i Music Man della serie RD dei primi Anni ‘80, dotati di preamplificatore solid state e finale a valvole, solitamente una
coppia o un quartetto di EL34 o 6L6. Il Music Man RD-50 fu un precursore nella
composizione del preamplificatore, progettato da Leo Fender nel periodo in cui la sua C.L.F. Research andava
allontanandosi dalla Music Man, di cui era fornitrice. Ciò non impedì a questo
primo ampli di ospitare il circuito
valvolare Limiter di suo progetto; era basato su una valvola 12AX7, usata per
comprimere e smussare i picchi di segnale
distorto. Vale la pena indicare gli stadi del canale lead di questo amplificatore: primo
stadio di guadagno SS -> EQ -> secondo stadio di guadagno SS ->
limiter valvolare.
Valvole “placebo”
Ben più diffusi ed
economici, usati a fini amatoriali, semi-professionali e anche professionali
fino a diventare uno standard, ci sono ampli come i Marshall Valvestate, in cui a un preamplificatore a circuiti integrati si unisce una rete di diodi, che genera la distorsione, e una valvola
preamplificatrice con il compito di “riscaldare” il suono. Questa valvola, a
volte ironicamente definita dai tecnici “valvola placebo”, è seguita dalla
sezione dei toni e da un finale a stato solido.
Si mantiene così il
tipico disegno Marshall, di derivazione Fender
Bassman, in cui lo stadio EQ segue quello di distorsione (nel disegno stile
Blackface la sezione toni precede
invece quella di guadagno). Un’applicazione simile di una o anche due valvole
preamplificatrici si trova spesso in altri amplificatori (Vox, Laney, DV Mark) e
in diversi preamplificatori da rack
degli Anni ’80-’90 (ADA, Zoom, Rocktron).
Distorsione da diodi o da valvole?
La soluzione della
rete di diodi per generare distorsione – come in un comune pedale distorsore – venne applicata dalla Marshall anche in notissimi amplificatori valvolari come la seconda
serie di JCM800, quella con riverbero
e due canali, e i JCM900.
Un disegno
alternativo, adottato ad esempio dalla Fender, è invece basato su un
preamplificatore con circuiti integrati che controllano la distorsione generata
effettivamente da una valvola preamplificatrice, seguita dalla sezione EQ e dal finale solid state.
Vale la pena
ricordare gli amplificatori Gelf, particolari per avere il preamplificatore
valvolare – in origine sviluppato per Pete Townshend degli Who – unito a un
finale solid state a MOSFET.
La differenza, a
detta di molti, è sostanziale, dal momento che nel primo caso la definizione
del timbro è prevalentemente di natura solid state: quindi una pur gradevole tosatura o squadratura dell’onda con appena una “coloritura” valvolare. Nel
secondo caso, invece, uno o più stadi valvolari intervengono a definire la
qualità della distorsione, con un effetto più simile alla saturazione valvolare.
Altre varianti
Una variante solo
funzionale di circuito ibrido è quella interamente valvolare per quanto
riguarda preamplificazione e finale, ma con funzioni ausiliarie e di servizio
affidate a componenti solid state, ad esempio per cambio canali, loop effetti,
uscita con simulatore di cassa, etc. È il caso di molti moderni ampli valvolari
multicanale. L’influenza sul suono è pressoché nulla se si eccettua il loop
effetti e, soprattutto, la differenza tra la rettifica della corrente alternata
tramite valvola raddrizzatrice o ponte di diodi, quest’ultimo più
efficiente ma, a detta di molti, timbricamente più “duro”.
Nell’ambito
dell’interamente solid state, abbiamo anche alcuni disegni basati su circuiti
integrati, ma con le sezioni utili del percorso di segnale affidate a elementi
discreti (transistor) anziché a chip. È il caso della serie Peavey TransTube.
Un ulteriore tipo di
amplificatore ibrido per chitarra elettrica, per quanto assai raro, prevede un vero
preamplificatore interamente valvolare e un finale a stato solido. Ce ne sono
esempi, ormai appartenenti al mondo del vintage,
costruiti da Dean Markley e Legend.
Amplificatori a circuito misto digitale/analogico
Passando
agli amplificatori per chitarra a circuiti misti digitale/solid state e digitale/valvole,
c’è solo l’imbarazzo della scelta. La svolta tecnologica degli Anni ’70,
rappresentata dalla LSI (Large Scale
Integration), ovvero l’inserimento di centinaia di componenti in un unico chip,
fu seguita da VLSI (Very Large Scale
Integration) e ULSI (Ultra Large
Scale Integration). Oggi siamo a vette inimmaginabili quando il sottoscritto
era un adolescente appassionato di rock, e in più è arrivata da alcuni anni anche
la sintesi a modelli fisici (physical modelling) di cui trattiamo
diffusamente in un articolo specifico su questo blog della Soundsation.
Tralasciando
i vecchi modelli solid state o valvolari a semplice controllo digitale, vediamo
qualche tipo di preamplificatore digitale ibrido tra i più presenti sul
mercato.
Tubi e digit
Pur
esistendo datati esempi di preamp/multieffetti digitali con distorsione
generata da una sezione analogica a stato solido, come certi Zoom da pavimento
o rack degli Anni ’90, il tipo più frequente di circuito ibrido digitale/analogico
conta sull’integrazione di una valvola preamplificatrice o addirittura di un “finalino”
valvolare usato per pilotare un vero finale solid state, come accade nella
linea Vox Valve Reactor. Nel caso
dell’ampli Line 6 Spider Valve abbiamo
addirittura 2 valvole 12AX7 preamplificatrici e un vero finale con 2 valvole 6L6,
lasciando alla sezione modelling il compito di simulare qualche amplificatore e
gli effetti. Questo per dire quanto varie siano state e continuino a essere le
proposte ibride sul mercato, complicando non poco la scelta da parte del
chitarrista.
Nei tipi di
amplificatori descritti i finali possono quindi essere valvolari, solid state o
digitali, e le diverse combinazioni di preamp, effetti e finale moltiplicano le
possibilità e la lunghezza dei cataloghi online.
Ancora
parlando di “ibridazione”, esistono amplificatori valvolari che integrano una
sezione di effetti digitali, come il Bogner
Alchemist.
Qualche indicazione
pratica
Per
cominciare, qualche parola sulla tecnologia ibrida solid state/valvole. Tra gli
ampli su citati ci sono esempi di grande qualità costruttiva e timbrica. Chi li
progettò perseguiva spesso un’idea di guitar
sound precisa. Alcuni hanno segnato un’epoca e sono stati usati da eminenti chitarristi, da Eric Clapton a
Mark Knopfler e Billy Gibbons. Tutto sta a saper distinguere tra l’ibridazione
ai soli fini economici (comunque sempre presenti) e l’ibridazione capace di
preservare la qualità timbrica o addirittura di offrire belle sonorità
originali. In caccia, quindi: nel mercato
dell’usato si possono trovare grandi ampli a prezzi molto bassi rispetto al
valore che avevano all’uscita.
Cerchiamo il massimo
Passando
al fronte digitale, è importante sapere come è distribuito il segnale tra
codifica digitale e percorsi analogici nell’amplificatore ibrido che ci
interessa. Dalle distinzioni sopra riportate dipendono in gran parte la timbrica, la dinamica e il livello di volume
percepito a parità di potenza di un amplificatore.
Se
il nostro approccio è utilitaristico, magari rivolto all’home recording, la scelta del tutto-digitale, tutto-modelling
con eventuale finale digitale o solid state è probabilmente la più azzeccata.
Se
invece vogliamo utilizzare fattivamente alcune qualità audio
dell’amplificazione valvolare e al contempo dotarci di simulazioni di
amplificatori ed effetti in quantità, il ventaglio si apre ai modelli che
offrono un finale a valvole. Considerata la qualità dei modelli fisici, dei profili
e delle conversioni A/D D/A attuali, personalmente ritengo un finale valvolare
di gran lunga più desiderabile ed efficace nel garantire la differenza sonora
rispetto a una o due valvoline inserite nel preamp.
Utilizzando
i modelli fisici con simulazioni di cassa incluse è estremamente importante che finale e cabinet abbiano
caratteristiche di riproduzione lineari, vicine quindi a un impianto più che a
un diffusore per chitarra.
Confidiamo
comunque negli ingegneri e negli sviluppatori che normalmente sanno sempre più portare
a compimento un soddisfacente guitar sound. E visto che ci siamo, cerchiamo di
ottenere il massimo dei servizi possibili dal nostro ampli a livello di
connessioni, uscite DI, loop, etc.
Nuovo nuovo
Una
volta fatta la vostra scelta, non crediate di essere al sicuro molto a lungo.
La GAS (Guitar Addiction Syndrome) è
sempre in agguato, pronta a farci desiderare qualcosa di più nuovo e di più
utile.
È
un po’ quello che oggi accade nei settori dominati dalla tecnologia (ma anche
nelle quotazioni in borsa): una ricerca spasmodica non della new thing, ma della new new thing! È il caso di app di gestione e connessioni Bluetooth
in ampli digitali sempre più pratici e completi.
Di
recente si sono affacciati sul mercato amplificatori digitali physical
modelling con integrazione nel preamp e nel finale di componenti Nutube, un tipo di triodo
sviluppato dalla Korg a partire da tubi usati nei display.
Sembra
che funzionino proprio come una valvola e che durino circa 30.000 ore. Staremo
a vedere…
Riferimenti
Brunetti
Marco: Ibrido, ovvero “l’immagine
virtuale” della valvola (Axe n. 42 - marzo 2000, Edizioni Palomino).