In questo primo articolo dedicato all'amplificazione per chitarra elettrica ci focalizziamo sulla soluzione tecnica più amata dai puristi: quella valvolare. Vedremo come nasce, come funziona e come suona un amplificatore a valvole, soppesando pro e contro di questa tecnologia che non accenna a perdere sostenitori.
Come nasce e come
funziona un amplificatore a valvole
L’esigenza
di provvedere all’amplificazione di uno strumento on stage, in un’epoca in cui non
esistevano ancora impianti PA, precede la nascita della chitarra elettrica così come oggi la conosciamo.
Risalgono infatti agli Anni ’30 del Novecento i primi esperimenti di
applicazione di trasduttori magnetici, detti pickup, alle lap steel, strumenti a corda che si
suonavano distesi sulle cosce con una barretta d'acciaio (steel-bar o tone-bar)
per eseguire, magari insieme a un ukulele, musica hawaiana, country e altri generi
in voga all’epoca.
L’applicazione
di pickup magnetici alle chitarre hollow-body utilizzate nelle big band e i
successivi sviluppi portarono alla nascita delle prime chitarre elettriche solid-body tra la
fine degli Anni ’40 e la metà degli Anni ’50. Per poter essere amplificata, la
chitarra elettrica (hollow-body o solid-body che sia) necessita di un amplificatore.
Che cosa è
un amplificatore?
Si
tratta di un circuito elettrico in grado di ricevere il debole segnale
proveniente dal pickup magnetico della chitarra e dargli un primo
livello di adattamento e trattamento elettrico detto preamplificazione.
Circuiti aggiuntivi quali quello di equalizzazione o dei toni (ad
es.: alti, bassi, medi), determinati tipi di enfasi (ad es.: boost, bright,
contour) ed effetti come il riverbero possono essere aggiunti
prima che il suddetto segnale sia inviato all’amplificatore finale o di
potenza (valore espresso in Watt).
Questo aumenta il livello del segnale fino a provocare il movimento di
dispositivi di riproduzione sonora connessi detti altoparlanti (o coni,
o speakers) e la conseguente riproduzione sonora.
Gli amplificatori
possono sostanzialmente essere di quattro tipi:
- a
valvole o valvolari (tube o valve amp)
- a
stato solido (solid state)
- digitali
(digital o modeling amp)
- ibridi
(hybrid amp)
In
questo articolo ci occupiamo con semplicità e chiarezza degli amplificatori a valvole o valvolari.
Valvole e
distorsione
All’epoca
dello sviluppo dei primi strumenti elettrificati e fino agli Anni ‘60 la
tecnologia in uso per la fabbricazione di amplificatori – e di qualsiasi altro
prodotto elettronico, dalle radio ai primi computer – prevedeva l’uso di valvole
termoioniche o termoelettroniche. Si tratta di componenti elettronici
attivi simili a una lampadina a incandescenza; sono infatti chiusi in un
involucro di vetro sotto vuoto e contengono un filamento che
diviene incandescente.
In
Inglese sono detti tubes o valves, con riferimento alla capacità
di far passare al loro interno, se scaldati, un flusso di elettroni (o
ioni) tra polo positivo (catodo o filamento) e polo negativo (anodo
o placca). A grandi linee, regolando tale migrazione di elettroni tramite una tensione
variabile, si ottiene l’amplificazione del segnale, applicato a un
elemento intermedio detto griglia (grid).
Un
effetto molto desiderato ai fini dell’amplificazione della chitarra elettrica è
quello della saturazione, un tipo di distorsione
che si manifesta quando il valore di amplificazione è massimo o vicino al
massimo; in prossimità di tale valore la valvola inizia a distorcere il segnale
arricchendolo di armoniche di ordine prevalentemente pari, che danno al suono
una particolare tessitura tradizionalmente associata a qualità e calore
timbrico. Si tratta infatti di armoniche gradite al nostro orecchio.
Tipi di
distorsione valvolare
La
distorsione qui descritta può essere realizzata sia a livello di stadio preamplificatore che di stadio finale dell’amplificatore, con
evidenti differenze sonore evidenti all’udito:
- più elevata, compatta e compressa la
distorsione ottenuta dal preamplificatore, oltre che più strutturabile in
fase di progetto
- più leggera, ariosa, dinamica e
armonicamente ricca la distorsione
del finale, grazie alla elevata tensione di funzionamento (centinaia
di Volt).
Lo
scotto da pagare per questa qualità
sonora è rappresentato da:
- dimensioni
- peso
- calore sviluppato
- costo (soprattutto per i circuiti cosiddetti hand wired ovvero realizzati con filatura manuale come in passato).
Classe A e
AB
Una
scelta importante riguarda i due tipi più diffusi di amplificatori a valvole:
in classe A o in classe AB.
Nella
classe A ogni valvola finale è dedita all’amplificazione dell’intero segnale elettrico con una sonorità dinamicamente caratteristica,
lineare e morbida, ma anche con considerevoli limiti di potenza.
Nella
classe AB, invece, una valvola si occupa di amplificare la semi-onda positiva e
un’altra la semi-onda negativa del segnale; lavorando in coppia sono consentite
maggiore efficienza e potenza.
Le valvole possono essere utilizzate a
coppie (di solito due) per ottenere potenze superiori. Un tipo di finale
spesso indicato per convenienza commerciale come classe A, è il Single Ended, dove il finale è dotato
di un’unica valvola, a cui è ovviamente affidata l’intera amplificazione del
segnale.
L’altoparlante
A
quanto detto va infine aggiunta l’importantissima interazione tra finale di
potenza e altoparlante (uno o più a seconda dei tipi di
amplificatori e cabinet) deputato a rendere come suono le variazioni di segnale generate dall’amplificatore. Di
conseguenza la timbrica finale del sistema di amplificazione, sia dal
punto di vista dinamico che timbrico, è determinata in buona parte
(circa il 50%) dal tipo e dalla qualità di altoparlante utilizzato.
Una
tecnologia ancora valida
Sicuramente
qualcuno si chiederà come mai una tecnologia
risalente a molti decenni fa continui ad avere un ruolo decisivo nell’amplificazione della chitarra elettrica
ancora oggi, mentre siamo alle prese con la digitalizzazione planetaria. Se l’elettronica valvolare e i suoi
componenti sono stati sviluppati e prodotti nel tempo c’è un motivo di ordine
storico-militare: le valvole continuano a funzionare anche in caso
trasmutazione dell’atomo, ovvero di guerra nucleare. Per questo trovavano posto,
ad esempio, sia nei radar a terra che nel radome dei jet da combattimento.
Ridimensionatosi
il rischio di conflitto Est-Ovest (la cosiddetta Guerra Fredda), le valvole hanno
però continuato a rivestire un certo interesse industriale e commerciale
proprio per la qualità particolare e praticamente inimitabile che offrono
nell’amplificazione musicale. Sono ancora usate in alcuni impianti Hi-Fi di alto livello, nei preamplificatori microfonici, nelle
schede audio
e nei pedali
distorsori. Le fabbriche di Paesi come Russia, Serbia e Cina
continuano a produrle, e aziende specializzate provvedono a selezionarle
secondo tipo e qualità per la gioia dei
musicisti. Sembra insomma che la
cara vecchia valvola termoionica non
voglia proprio saperne di… andare in pensione!
Soundsation, brand tutto italiano nato
nel 2005, propone una vasta gamma di amplificatori valvolari, solid state o ibridi, adatti al
neofita come al musicista più avanzato. Ti aspettiamo sulle nostre pagine per i
prossimi appuntamenti!